
L’impianto universale . a portata costante, è strutturalmente composto da una vasca cilindrica, realizzata in P.R.F.V. (Poliestere Rinforzato con Fibre di Vetro, materiale più comunemente conosciuto come “vetroresina”), suddivisa in quattro comparti funzionali.
Comparto n.1 : accumulo, grigliatura, equalizzazione e sollevamento;
Comparti n.2 e 3 : ossidazione biologica e nitrificazione;
Comparto n° 4 : sedimentazione finale e ricircolo fanghi.
Ogni comparto è isolato da quelli adiacenti mediante diaframmi stagni in P.R.F.V. nei quali sono realizzate le necessarie aperture che consentono il passaggio del liquame da un comparto all’altro.
Comparto n.1
Il comparto n.1, oltre ad accogliere il liquame in ingresso, svolge molteplici importanti funzioni:
Provoca la separazione meccanica del materiale grossolano presente nel liquame, che sarà recuperabile periodicamente sul fondo del comparto stesso;
Equalizza la portata in ingresso al depuratore, sia sul piano quantitativo (“tagliando” i picchi di portata), sia su quello qualitativo (favorendo la miscelazione delle acque più cariche con quelle meno cariche).
Solleva l’acqua da trattare facendo avanzare la giusta quantità di liquame proporzionata al dimensionamento dell’impianto fino al livello idraulico dei successivi trattamenti.
Quest’ultima funzione, da taluni ritenuta non essenziale qualora la quota geodetica della fognatura consenta l’alimentazione dell’impianto per gravità, è in realtà fondamentale in quanto strettamente connessa alla precedente: per gli impianti di piccole dimensioni, infatti, la corretta calibrazione della portata in ingresso (realizzabile in pratica solo disponendo di un apparato di sollevamento) costituisce condizione necessaria ed inderogabile per un corretto funzionamento.
Nel comparto è a tal fine presente un’elettropompa sommersa nel liquame, opportunamente protetta da una griglia, che alimenta uno speciale regolatore di portata: questo ha la funzione di destinare una parte predeterminata del liquame ai successivi comparti di ossidazione biologica, ricircolando l’eccedente.
Comparti n.2 e 3
Costituiscono il “cuore” del processo epurativo.
In essi il liquame, proveniente dal comparto precedente, viene sottoposto ad un’aerazione intensa e prolungata in intimo contatto con il “fango attivo” (colonie batteriche che si nutrono del materiale inquinante organico presente nell’acqua) precedentemente prodotto dall’impianto stesso.
Durante la permanenza del liquame in questi comparti avviene l’ossidazione totale del carico inquinante organico e la nitrificazione dei composti ammoniacali presenti, col lento e progressivo incremento della massa dei citati “fanghi attivi”.
A lunghi periodi si renderà necessario allontanare dal processo epurativo, mediante l’intervento di un comune autospurgo o mezzo similare, una frazione di tali fanghi (“fango di supero”); diversamente da quanto accade per le fosse Imhoff o biologiche, la miscela estratta dal depuratore biologico sarà praticamente inodore ed avrà una concentrazione relativamente bassa di solidi: l’operazione non provocherà quindi fastidi né presenterà alcuna delle difficoltà che normalmente accompagnano tale tipo di intervento.
L’ossigenazione della biomassa (intesa come insieme del carico inquinante organico entrante e del fango attivo presente nel comparto) viene realizzata mediante l’insufflazione di aria compressa prodotta da una speciale soffiante a membrana, caratterizzata da minime dimensioni e basso consumo elettrico, oltre che da un livello di rumorosità praticamente impercettibile anche nelle ore notturne.
La diffusione dell’aria all’interno della massa idrica è assicurata da particolari diffusori a piastra appositamente studiati e collaudati per questa dimensione di impianto: essi permettono di ottenere una doppia funzione di efficace ossigenazione (attraverso il contatto dell’acqua con una miriade di microbolle d’aria) e di mantenimento in sospensione dei fiocchi di fango.
In uscita dal comparto il liquido si presenterà come una miscela aerata di acqua depurata e fango biologico: quest’ultimo, infatti avrà completamente disgregato ed assimilato il carico inquinante organico presente nel liquame in ingresso.
Comparto n. 4
Il comparto n.4 svolge la funzione di sedimentatore finale dell’impianto di depurazione, ossia l’ambiente all’interno del quale i fiocchi di fango trovano lo stato di quiete necessario per precipitare gravimetricamente, liberando un surnatante chiarificato idoneo ad essere scaricato al corpo idrico ricettore.
I fanghi precipitati vengono immediatamente ricircolati nel primo dei bacini di ossidazione (comparto n.2) per assicurare la continuità del processo biologico.
Il sedimentatore è alimentato dal secondo dei bacini di ossidazione (comparto n.3) attraverso un’apertura sommersa che porta la miscela aerata all’interno di un cilindro di calma, necessario per placare la turbolenza della miscela acqua-fango e favorire il rilascio dell’aria di cui è praticamente satura (che ostacolerebbe il processo di sedimentazione); il flusso viene quindi convogliato verso il fondo del bacino, in prossimità di una tramoggia a parete inclinata di circa 60°.
Qui inizia la separazione fra i fiocchi di fango e l’acqua: gli uni, avendo peso specifico maggiore, tendono a scendere ed a concentrarsi sul fondo della tramoggia; l’altra, obbligata dal flusso idraulico, risale verso la superficie ed è raccolta dal dispositivo di sfioro finale che la convoglia verso il punto di consegna dell’acqua depurata.
Questa delicatissima fase del processo epurativo è quella che maggiormente richiede la massima uniformità nell’alimentazione idraulica dell’impianto: è evidente che portate istantanee elevate potrebbero non solo impedire la precipitazione del fango, ma addirittura provocarne la fuoriuscita dallo sfioro superficiale, con il doppio danno dell’inidoneità dell’acqua scaricata e della perdita della biomassa attiva.
Il ricircolo del fango biologico avviene tramite uno speciale diffusore d’aria (AIR-LIFT) che preleva la miscela fangosa dal fondo della tramoggia, in modo da trasferire la massima quantità di fango biologico e la minima d’acqua.
L’air-lift installato nell’impianto, oltre a pompare la miscela acqua-fango, provvede ad elevarne il tenore di ossigeno disciolto di circa 3-4 mg/l, reimettendola nel bacino di ossidazione già perfettamente riattivata.
L’aria necessaria per il funzionamento dell’air-lift è fornita dalla medesima soffiante che alimenta i comparti di ossidazione.
In via opzionale è possibile avere una seconda soffiante, di minore potenzialità, specificatamente dedicata all’air-lift: tale opportunità dovrà essere preferibilmente adottata ogni qualvolta si prevede la necessità di temporizzare il funzionamento della soffiante al servizio dei comparti di ossidazione.